giovedì 18 ottobre 2007

Per i nostri fiumi, per la nostra terra, per il nostro futuro

Vale la pena di soffermarsi su alcune frasi contenute in una dichiarazione espressa dall'Assemblea Regionale Argentina-Uruguay, che si è riunita lo scorso 7 ottobre nella città di Nueva Palmira. Il mondo latinoamericano usa termini ed espressioni che l'Europa non riesce a far entrare nella propria consuetudine. Le popolazioni del Sud America hanno nella pelle un legame viscerale con la terra e un istinto carnale a non far calpestare da altri la propria libertà. Noialtri, che ci facciamo forti di una storia plurimillenaria e dell'invenzione della democrazia e dei diritti umani, non riusciamo a fare altrettanto.
"Non possiamo accettare un modello fondato sulla devastazione e sul continuo saccheggio dei nostri beni naturali. Perché la propagazione delle monocoltivazioni, la quotidiana forestierizzazione della terra, e l'installazione di industrie inquinanti nella regione, stanno causando danni irreparabili, al di là dell'assoggettamento a politiche degradanti che non hanno nulla a che spartire col nostro modo di vivere, con la nostra dignità, col nostro irrinunciabile impegno a costruire un mondo che contempli i bisogni e i desideri di tutti. Perché imprese come Botnia, Ence, Isusa e Stora Enso altro non sono che l'emblema di un capitalismo feroce e irrazionale che ignora frontiere e sovranità. Perché siamo sostenitori di un modello regionale che rispetta la vita, la dignità umana e il lavoro".
Dovremmo probabilmente riflettere su questa intransigenza dei popoli latinoamericani a farsi dominare, a farsi espropriare tanto le terre quanto la dignità e il futuro. Perché la speranza non si ipoteca con i falsi sogni delle multinazionali, né si mette all'asta nelle Borse del mondo.

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