domenica 7 ottobre 2007

Agricoltura insostenibile: le origini del problema


L’alternativa “agricoltura biologica”

di Enrica

Agricoltura biologica, ecologica, alternativa, sono sinonimi utilizzati per esprimere un medesimo concetto: fare agricoltura applicando tecniche agronomiche che prendono a modello i ritmi della natura e le sue leggi.
Il modello di sviluppo delle società occidentali, se osservato in un’ottica di lungo periodo, risulta insostenibile per le naturali capacità produttive dei suoli agrari. Abbiamo infatti assistito, dal dopoguerra ad oggi, da un lato ai processi di urbanizzazione e conseguente edificazione che hanno portato ad una contrazione della SAU (Superficie Agricola Utilizzabile) totale, e dall’altro ad un aumento della richiesta di derrate alimentari per far fronte all’incremento demografico e al crescente benessere. Ed effettivamente, nonostante la SAU sia stata sensibilmente ridotta, la produttività per unità di ettaro è andata aumentando. L’agricoltura dei Paesi Industrializzati è riuscita a supplire all’antinomia “diminuzione superficie” – “aumento prodotti della terra”, grazie all’intensificazione della pratica agricola e all’introduzione di input all’interno delle aziende agrarie. Per input si intendono tutte quelle immissioni di energia e di risorse (sostanze chimiche di sintesi, macchine) all’interno di un’unità produttiva agraria, che vanno a sommarsi a quelle energetiche naturali, quali la trasformazione dell’energia solare in sostanza organica e il sostentamento fornito dagli elementi minerali e organici presenti nella terra.
Il paradosso sostanziale di questa realtà è dunque la soluzione a cui si è pervenuti per gestirla, una soluzione che appaga le esigenze dell’uomo, ma sterilizza la natura, poiché intensificare le pratiche agricole significa di fatto sfruttare le risorse del terreno e quindi inesorabilmente impoverirlo di proprietà chimiche e biologiche.
In un quadro di interventi che, soprattutto in passato, sono stati così poco attenti alle risposte dell’ecosistema, si inserisce l’alternativa rappresentata dall’agricoltura biologica, che mira ad ottimizzare il rapporto diretto ed inevitabile tra l’agricoltura e l’ambiente; non dimentichiamo che l’agricoltura è la forma di utilizzazione del territorio più estesa e che agli agricoltori è affidato il vitale compito di occuparsi del territorio e di tutte le sue risorse.
La ricerca in questo settore, si pone un obiettivo di non facile acquisizione, che è quello di selezionare varietà resistenti a fitofagi e fitopatogeni, salutari, di buon sapore, che sviluppino produzioni quantitativamente apprezzabili per impostare un discorso economicamente valido, e il tutto senza inquinare.

Spesso l’aspetto più difficile da risolvere è proprio quello che riguarda il reddito. Le colture biologiche portano all’ottenimento di quantitativi di produzione per ovvie ragioni inferiori a quelli dell’agricoltura tradizionale – nella maggior parte dei casi - e forse è anche per questo che sono per ora una realtà in minoranza: in Italia, la superficie interessata ad agricoltura biologica risulta pari a 1.052.002 ettari, vale a dire l’8% della SAU totale (fonte: SINAB 2003).

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