martedì 11 settembre 2007

A volo d'uccello... Puglia, una regione di pietra

Giurdignano, menhir


di Francesco Panzetti

Probabilmente, non c’è una regione che, più della Puglia, sia ricordata per le caratteristiche del suo territorio e della sua storia agraria: le Murge e il Tavoliere riescono a penetrare nell’occhio del viaggiatore forse con ancora maggior evidenza delle Dolomiti o delle Alpi lombarde, si rimane spiazzati dalla piattezza del paesaggio e dalla pietrosità implacabile di una pianura dura da mordere con gli aratri e le zappe. Questo paesaggio, in realtà, ha ben poco di naturale, essendo quasi per intero il frutto della faticosissima e secolare opera dell’uomo, che ha guadagnato all’agricoltura circa l’80% degli spazi, ha bonificato grandi estensioni di pianure paludose, ha creato le saline di Margherita di Savoia portando l’acqua marina sulla terra, ha cancellato quasi del tutto gli antichi querceti sostituendoli però con le colture arboree (specialmente con l’ulivo) che oggi sono il nuovo segno emblematico del paesaggio di questa regione.



Trulli

Eppure, ciò che più colpisce della Puglia è senz’altro la pietra: l’aspra pietra sbriciolata nei campi del Tavoliere, delle alte Murge e del Salento; quella del castello di Federico II (monumento perfetto e ineguagliabile alla pietra stessa), e dei Trulli, o del Dolmen di Bisceglie; quella, infine, delle case rupestri nelle lame e quella delle maestose gravine che a decine tagliano i tavolati calcarei delle Alte Murge.
Le scelte attuate dagli uomini per lo sfruttamento del territorio, insieme ai vincoli che il terreno pone al loro lavoro, determina i modi in cui si declinano le forme e gli spazi abitativi e l’Italia è uno straordinario caleidoscopio delle soluzioni dello stare insieme, dalle case a corte della Bassa lombarda e piemontese ai villaggi delle valli alpine, dai borghi dei pescatori fra le aguzze rocce della Liguria e della Campania alle fattorie e cascine dell’Appennino tosco-umbro-marchigiano, e alle masserie dell’Appennino meridionale.

Castel del Monte


Il Foggiano era una landa desolata, per duemila anni almeno regno incontrastato del pascolo: gli armenti giungevano qui dopo aver percorso centinaia di km sulle reti tratturali che dalla Sabina e dall’Abruzzo, attraverso il Molise, giungevano nelle piane della Capitanata; milioni di ovini brucavano rendendo sterile il suolo ma arricchendo le popolazioni di prodotti caseari e di lana. I tratturi, tuttavia, furono soppressi dalla cieca politica economica postunitaria, e così il territorio ha gradualmente mutato forma, fino a diventare nel primo ‘900 un enorme granaio, principe delle colture il grano Senatore Cappelli ed altre varietà del prezioso cereale messe a punto da Nazareno Strampelli.
La geologia condiziona l’uomo in ogni sua attività e quindi è importante osservare come la Puglia si articoli per lo più in gradinate che scendono progressivamente verso il mare: il primo gradino è quello delle Murge (750 - 350 m s.l.m.), dominio del pascolo, con un’agricoltura estensiva e poco diversificata ed una densità di appena 2 ab./kmq. Fra i 350 e i 100 m s.l.m. si estende la Premurgia, regno incontrastato dell’ulivo, del mandorlo e della vite; anche qui l’uomo vive della campagna, ma non nella campagna. Infine, la cimosa pianeggiante che dalle Premurge giunge fino al mare gode dei terreni più fertili, dalla falda acquifera poco profonda che favorisce le intense colture orticole. Chiude il quadro il Salento, monotono, piatto, calcareo, carsico; eppure recentemente la pervicacia dell’uomo ha modellato il Salento popolandolo di olivi, viti e ampie distese di grano, mentre il modello insediamentale è esattamente l’opposto di quello delle Murge: una “frammentopoli” (A. Bissanti) fatta di piccoli «centri sonnacchiosi, tirati a calce, dal sapore vagamente orientale».

Bisceglie, dolmen


QaQuanto al Tarantino, si tratta di una Murgia costituita non da calcari ma da più teneri calcareniti, che ne mitigano l’asprezza anche all’occhio e rendono più facile il lavoro nei campi, pur senza cancellare la sensazione di aridità del paesaggio. L’allevamento è una grande risorsa e l’abbondanza di capi bovini ed equini ha favorito di certo la nascita del singolare fenomeno dei fornelli. È questo il regno delle lame (incisioni carsiche più dolci) e delle gravine (quelle più profonde). Non casualmente, è proprio a cavaliere delle gravine che sono sorti i maggiori centri della zona: Ginosa, Laterza, Massafra, Castellaneta e, in un paesaggio ancora in parte simile, la lucana Matera
Il fatto che la Puglia risulti così chiaramente “tagliata” in gradinate rocciose e dotata di territori dalla natura nettamente diversa, ha determinato storie economiche diverse ed una diversa cultura gastronomica; forse questo spiega anche il singolare fenomeno per cui, già a meno di 20 km dal mare, si può gustare una cucina esclusivamente di terra, centrata con mirabile freschezza e leggerezza sui sapori dell’orto.


Per questo articolo abbiamo usato:

Paola Sereno, Paesaggio come documento, in «Campagna e industria. I segni del lavoro», collana «Capire l’Italia», Touring Club Italiano, Milano 1981

Andrea Bissanti, La Puglia, in «I paesaggi umani», collana «Capire l’Italia», Touring Club Italiano, Milano 1977

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