domenica 9 settembre 2007

O' Rraù


Il termine francese ragout si traduce in stufato o spezzatino di carne ed ha la stessa radice di ragoutant, che significa appetitoso; dall’incontro con il pomodoro il ragout francese è diventato ragù, il noto condimento per la pasta presente in tutta la tradizione gastronomica italiana.
La preparazione del ragù varia a seconda delle regioni fondamentalmente in funzione di due aspetti: il tipo di carne utilizzata, se macinata o in pezzi interi, ed i tempi di cottura, dalle due ore di alcuni ragù col macinato, ai due giorni di certi ragù napoletani.
O’ rraù, come è noto, ha nella tradizione culinaria partenopea un ruolo fortemente simbolico: è stato (ed in certi casi lo è ancora) il rituale irrinunciabile del pranzo domenicale, la pietanza sacra intorno alla quale si riunisce la famiglia allargata; emblema dello slow food, considerato il lungo tempo necessario a cucinarlo e (soprattutto!) a digerirlo, o’rraù è uno, nessuno e centomila, tante quante sono le varianti presenti nelle diverse ricette che si ricavano dalla tradizione scritta e orale.
Partiamo dalle certezze… gli ingredienti fondamentali del ragù napoletano sono: carne in pezzi interi, pomodoro, condimento (sugna o olio), cipolle, vino, sale e pepe; è altrettanto certo che deve cuocere per molte ore e che deve risultarne un sugo morbido, di colore rosso scuro, con cui condire pasta corta, preferibilmente ziti spezzati, ma anche paccheri o lasagne.
Salvo questi pochi punti fermi, tante sono le ricette del vero ragù napoletano quante sono le nonne, le mamme e le zie addette alla preparazione del pranzo domenicale: dalla scelta degli ingredienti alle tecniche utilizzate nei passaggi più critici della preparazione, a Napoli si può discutere per ore su qual è il modo migliore per cucinare o’ rraù come si deve.
La prima volta che l’ho cucinato ho seguito le istruzioni che ho trovato su un ricettario tradizionale, apportando qualche variazione perché non ho potuto reperire la conserva di pomodoro, che non è il pomodoro imbottigliato in casa ma è un concentrato ristrettissimo che si faceva asciugando al sole succo di pomodoro salato.
Nonostante i diversi e contraddittori suggerimenti ricevuti da cuoche più anziane e più esperte, ho continuato a preparare il ragù sempre nello stesso modo perché, in definitiva, ciascuno fa il suo ragù…ciò di cui veramente non si può fare a meno, che le cipolle siano rosse o bianche e che si usi la sugna o l’olio d’oliva, sono una ferma pazienza ed una calda passione.

Ricetta del ragù (variazioni da una ricetta di Vittorio Gleijeses, A Napoli si mangia così, La Botteguccia, Napoli)

Ingredienti per 6-8 persone
girello di manzo 1 kg
cipolle gr. 350
concentrato di pomodoro gr. 600
olio extravergine di oliva gr. 200
gallinelle di maiale o tracchiulelle 6
vino rosso di Gragnano ¼ di litro

Innanzitutto bisogna legare il pezzo di manzo, eventualmente contornandolo con piccole trance di pancetta; bisogna poi mettere l’olio, le cipolle tritate, il manzo e le tracchiulelle in una pentola piuttosto larga ed alta e porla su un fuoco medio.
La carne deve chiudersi , ovvero formare una crosta scura, mentre le cipolle devono appassire senza bruciare; per ottenere questo risultato bisogna restare inchiodati al fornello, sempre pronti a bagnare il contenuto della pentola con due dita di vino appena sembra che possa bruciare.
Le cipolle si devono consumare, cioè quasi scomparire e, quando la carne sarà diventata di un bel colore marroncino tutt’intorno, bisogna toglierla dalla pentola ed aggiungere gradualmente il concentrato, amalgamandolo bene col fondo di cottura della carne; non appena il sugo sta per attaccarsi al fondo, bisogna aggiungere un po’ di vino o, se fosse terminato, un po’ d’acqua.
La fase finora descritta comporta circa tre ore di lavoro.
Una volta amalgamato il concentrato di pomodoro, bisogna rimettere la carne nella pentola e aggiungere acqua fino a coprirla, salare e pepare.
Posto un coperchio sulla pentola senza chiuderla del tutto, in modo che resti un piccolo sfiatatoio, non appena il sugo avrà preso a bollire bisogna mettere il fuoco al minimo in modo che il ragù possa pippiare, ovvero bollire in maniera molto lieve ma costante (il verbo è onomatopeico e può aiutare a capire che tipo di suono deve produrre il bollore del ragù).
Solo adesso ci si può allontanare dalla pentola, stando però sempre attenti a controllare che il sugo non si attacchi sul fondo.
La carne deve essere molto cotta ma non quanto il ragù: quando le tracchie cominceranno a staccarsi dall’osso dovranno essere tolte dal sugo, così come il girello quando potrà essere facilmente penetrato con una forchetta.
È opportuno cominciare la preparazione del ragù dalla sera precedente: dopo una notte di riposo può continuare a pipiare per alcune ore della mattina successiva, finché non si ottiene un sugo di un colore rosso scuro che va nel marrone.

Col sugo si possono condire ziti spezzati, paccheri, rigatoni ma anche cannelloni e lasagne, mentre la carne farà da secondo accompagnata, come vuole la tradizione, da friarielli saltati crudi in padella con aglio, olio e peperoncino.
Rosaria "fungo" Bisceglia

Sopra, un'immagine tratta da www.gennarino.org - Copyright degli aventi diritto

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